pp.148 Col suo andare sempre all’essenza del problema, problema umano, problema sempre morale nella sua vita come nella sua opera, Fiore ha dato a diverse generazioni, del suo e del nostro tempo, una lezione urgente e necessaria dopo la sconfitta del fascismo, negli anni esaltanti della costruzione della democrazia: «quella di una cultura rivolta alla vita, nascente anzi dai bisogni stessi della vita civile, politica, sociale», come ha scritto Michele Abbate. È quanto emerge con chiarezza nelle pagine che seguono. In Fiore l’opera di educatore, attraverso il quotidiano esempio personale, si saldava con la battaglia per il riscatto delle formiche di Puglia e deIl’intero Mezzogiorno. Dalla Introduzione di G. Dotoli Ne viene fuori una ricca iconografia, in piena luce, di Tommaso Fiore: il critico, lo scrittore, il maestro, un umanista autentico e dunque militante. E trovo particolarmente significativo che i contributi più notevoli siano stati offerti da alcuni docenti dell’Università di Bari, dove egli coronò il suo insegnamento che durò decenni e che certo sottrasse tantissime ore della sua laboriosa giornata a una produzione multiforme e creativa, che sarebbe riuscita ancor più ampia e pregevole. Ma è difficile immaginarsi un Tommaso Fiore diverso da quello che fu - vero accademico di nulla accademia -, con quel suo abito dimesso e colloquiale, se il fare scuola non avesse riproposto quotidianamente la retorica dell’antiretorica a quel suo naturale romanticismo immune da ogni utilizzazione artificiosa. Le varie generazioni di scolari da lui educati all’antifascismo o, diciamo più genericamente, all’impegno civile, possono testimoniare un aspetto non trascurabile di quel suo umanesimo militante. Dalla Prefazione di C. Muscetta