pp.397 brossura RISTAMPA ANASTATICA
Non sono mancati a Finibusterre di Corvaglia consensi e riconoscimenti, ed alla rigida figura del filosofo c`è chi ha preferito quella del romanziere, più incisiva ed accattivante. Il fatto è che questo libro continua a piacere ed a conquistare, si fa leggere con passione nonostante i settant`anni suonati, è diventato quasi un simbolo del paesaggio salentino, conteso da nude rocce ed ulivi secolari.
Se aggiungi l`avventura dei protagonisti, Pietro e Maria, Maddalena e Diàscane, Don Paolo e Capitan Pricò, e la folla dei personaggi minori, attraverso le pagine si compone un`epopea che non si dimentica facilmente ed avvicina straordinariamente un`età patriarcale al mondo contemporaneo.
Il romanzo segna un percorso privilegiato per riappropriarsi di una gran parte della propria storia, e la nuova edizione restituisce al pubblico un gioiello letterario di grande bellezza.
Spigolando nella copiosa produzione letteraria di Luigi Corvaglia, il Capo di Santa Maria di Leuca, è descritto e raccontato in modo originale, straordinario e meraviglioso in “Finibusterre”, romanzo “tutto salentino” pubblicato nel 1936 a Milano per la “Società anonima Dante Alighieri” e ristampato da Congedo Galatina 1981, con prefazione di Donato Valli.
Il Capo di Leuca “ai confini del mondo” una delle tante “Mirabilia Italiae”, è descritto con scultorei colpi di penna così: “entro la malìa di un mare di turchese è disteso il Capo scheletro gigantesco. Lo spazza il vento e lo dilava la pioggia; la roccia calva si trascina carponi al mare. Le spiagge flagellate e rose (quasi rosicchiate dal mare) si estendono entro una luce violenta che le illumina senza ombre”.
La descrizione del Capo di Leuca è un luminoso affresco, coreografia naturale, vasto palcoscenico entro cui “si muovono gli uomini assorti, come seguendo il ritmo lento di questa monotonia”.
Il romanzo “Finibusterre” è rappresentazione di personaggi “che parlano sottovoce o urlano, ma il loro vero linguaggio è ruminazione silenziosa”.
Il protagonista della “istoria” è Pietro, “un giovanottone” salentino “benfatto e tutto giudizio” che nella prima metà dell’‘800, all’inizio della Restaurazione, attraverso molteplici avventure e sofferenze nel Salento dei baroni, riesce a realizzare il suo riscatto sociale e morale.
“Finibusterre” è un romanzo storico verista che si contestualizza nella letteratura italiana del primo Novecento ed è “caratterizzato da un classicismo solenne di stretta derivazione rondescae manzoniana”.
Pur svolgendo la sua attività “di letterato di mestiere”, restò sempre vincolato alle sue origini salentine.
Infatti, in “Finibusterre” vi è tutto il Salento: gli ulivi, il paesaggio del Capo di Leuca, il fatalismo della gente salentina.
“Cantore” di “Finibusterrae” viene definito il Corvaglia da Gino Pisanò in un suo articolo del 1986 del “Quotidiano di Lecce” perché in questa opera letteraria vi è “la sua vita, la sua preistoria, i suoi ulivi, …l’originalità lessicale”.
Pur svolgendo l’attività di scrittore e di studioso di storia della filosofia, lontano dalla sua terra d’origine, ha “movimentato il dibattito filosofico nazionale sul pensiero di un tormentato filosofo salentino: Giulio Cesare Vanini”.
La cultura salentina del Novecento è direttamente collegata con i gangli letterari italiani: Luigi Corvaglia, Giulio Cesare Viola e Girolamo Comi con Roma; Michele Saponaro con Milano. Lecce nel ‘900 predilige i rapporti con Firenze, Roma e Pisa. Vi è in questi letterati di mestiere un indissolubile intreccio tra Nazione e Regione. (Enrico Gaballo)