pp.48, brossura 21x30, illustrato
I personaggi di Cuna ti accolgono in silenzio e ti chiedono di sostenere quel silenzio mentre li osservi. Un silenzio fatto di simmetrie bizantine, prospettive inattese, canoni proporzionali aggirati, deformità sfuggenti, volti imperscrutabili e poi ocra, sabbia, terre, grigi, sovrapposizioni di materiale pittorico che invece di dare un opprimente senso di stratificazione, lasciano intuire quello dell’immaterialità.
Quello che l’artista intrattiene con la Pittura è un rapporto viscerale, che non smette di riservare sorprese, ma è fatto anche di certezze e familiarità, dovute alla padronanza conquistata attraverso un’ininterrotta esplorazione del mezzo. Al contrario la relazione di Cuna con la Storia dell’Arte si rivela complessa, intricata, ricca di apparenti contraddizioni. Lo sguardo inquieto dell’artista si
rivolge in direzioni diverse, come se scorgesse ad ogni angolo l’ombra di un grande maestro del passato e volesse afferrarla e trattenerla nel suo presente. Non c’è un filtro tra la realtà e le opere di Cuna: non credo che i processi che egli attua debbano essere intesi come una manipolazione di quello che ci appare, ma come una ricerca di verità, in quello che ci appare. Verità che l’artista riesce a cogliere proprio negli strappi, nelle maglie della realtà, materializzati nelle incongruenze da lui messe in evidenza e nelle deformazioni e ibridazioni da lui messe in atto. La pittura come processo di estrazione di verità.