Lettere dal Libano

De Iudicibus Maria Gabriella
Dello stesso autore
Editore/Produttore: EDIZIONI DEL GRIFO
EAN: 9788726116526



pp.133 brossura 14x19 PRESENTAZIONEConoscendo le trascorse esperienze letterarie di Maria Gabriella de Judicibus, era lecito attendersi da "Lettere dal Libano", un delicato ed intimamente struggente acquerello capace di sublimare attraverso lo strumento delle epistole, i sentimenti e le angoscie di due innamorati, costretti a vivere in prevalenza da separati, gli anni più solari e coinvolgenti di un rapporto, quelli in cui le comunioni si rafforzano, i valori si condividono, i figli si educano insieme.Se solo così fosse stato, sarebbe stata già ragione sufficiente perché l`opera vedesse la luce, e si proponesse come umile, sommesso antidoto contro l`invadenza mediatici che ci propina modelli ed archetipi improbabili di umanità, ignobili quanto fatui litigi in diretta, sacrifici maliziosi e perversi ai miti contemporanei dell`immagine e dell`effimero.Il punto è che "Lettere dal Libano " è anche altro: lirico ma inquietante insieme, pudico e sfacciato, didattico e trasgressivo. Di più, gela il viso come la tramontana, e come la tramontana allontana il velo delle nuvole.Mi piace riscontrare nel lavoro di Maria Gabriella de Judicibus, il genere di un originale servizio giornalistico, sono convinto che non me ne vorrà, se si considerano il valore ed il ruolo sociale che l`informazione ricopre in epoche, luoghi, momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo. Ma la sua capacità di farci conoscere questi due dolci innamorati mentre sopra la loro testa scorrono, alternandosi, le bombe della guerriglia e il pianto dei figli, la cecità della guerra e la saccenza dei potenti, unita all`accortezza nel dosaggio degli squarci di vita - il Natale, i cieli tersi, l`amicizia, il sogno -, mi ha riportato alle più belle pagine da Bagdad che Lilli Gruber e Monica Maggiorai ci regalarono nei mesi dell`inferno e anche dopo.Abbiamo sperato che i volti, il dolore, la rabbia descritte nelle lettere di Ly evocassero un`epoca ormai sepolta. E invece la cronaca, da Nassirya e Kabul, ci tramortisce e brutalizzale nostre coscienze: "di solito si muore in missioni di guerra" scrive Ly, "non dovrebbe essere permesso morire in missione di pace", ma la sua non è una ribellione (non si ferma l`acqua del mare...) ma la percezione dell`impotenza, del baratto della storia, una volta meravigliosa, di terre intrise di sacralità.Eppure quella missione "conduce a superare l`egoismo della sopravvivenza per conquistare la generosità", e i cieli di Beirut continuano ad affascinare nei loro tramonti, e dunque il posto giusto è proprio lì, dove l`uomo trova un senso al proprio esistere.Lei lo sa, è presto per spiegarlo ai bambini, è tempo invece di assumere gli stessi principi regolatori anche nella vita "normale", i doveri, il lavoro, i colleghi, il potere; ognuno conta le sue piccole trincee e guida i suoi elicotteri in soccorso della ragione.Forse Maria Gabriella de Judicibus ha scritto "Lettere dal Libano " pensando ai ragazzi. I segni di un`innocenza violata incombono sul diario, aggrediscono la nostra terzietà di spettatori, smontano le nostre già deboli convinzioni. Sono così uguali, Mirko e Mustafà: sanno leggere i sentimenti, ma non vogliono rinunciare ai sogni. Se Mirko fosse nato a Beirut, sarebbe come Mustafà.Voglia Iddio - il nostro, oppure Allah, qui non fa differenza - Mustafà sia ancora vivo, oggi, ventidue anni dopo quelle dal Libano.


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pp.133 brossura 14x19 PRESENTAZIONEConoscendo le trascorse esperienze letterarie di Maria Gabriella de Judicibus, era lecito attendersi da "Lettere dal Libano", un delicato ed intimamente struggente acquerello capace di sublimare attraverso lo strumento delle epistole, i sentimenti e le angoscie di due innamorati, costretti a vivere in prevalenza da separati, gli anni più solari e coinvolgenti di un rapporto, quelli in cui le comunioni si rafforzano, i valori si condividono, i figli si educano insieme.Se solo così fosse stato, sarebbe stata già ragione sufficiente perché l`opera vedesse la luce, e si proponesse come umile, sommesso antidoto contro l`invadenza mediatici che ci propina modelli ed archetipi improbabili di umanità, ignobili quanto fatui litigi in diretta, sacrifici maliziosi e perversi ai miti contemporanei dell`immagine e dell`effimero.Il punto è che "Lettere dal Libano " è anche altro: lirico ma inquietante insieme, pudico e sfacciato, didattico e trasgressivo. Di più, gela il viso come la tramontana, e come la tramontana allontana il velo delle nuvole.Mi piace riscontrare nel lavoro di Maria Gabriella de Judicibus, il genere di un originale servizio giornalistico, sono convinto che non me ne vorrà, se si considerano il valore ed il ruolo sociale che l`informazione ricopre in epoche, luoghi, momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo. Ma la sua capacità di farci conoscere questi due dolci innamorati mentre sopra la loro testa scorrono, alternandosi, le bombe della guerriglia e il pianto dei figli, la cecità della guerra e la saccenza dei potenti, unita all`accortezza nel dosaggio degli squarci di vita - il Natale, i cieli tersi, l`amicizia, il sogno -, mi ha riportato alle più belle pagine da Bagdad che Lilli Gruber e Monica Maggiorai ci regalarono nei mesi dell`inferno e anche dopo.Abbiamo sperato che i volti, il dolore, la rabbia descritte nelle lettere di Ly evocassero un`epoca ormai sepolta. E invece la cronaca, da Nassirya e Kabul, ci tramortisce e brutalizzale nostre coscienze: "di solito si muore in missioni di guerra" scrive Ly, "non dovrebbe essere permesso morire in missione di pace", ma la sua non è una ribellione (non si ferma l`acqua del mare...) ma la percezione dell`impotenza, del baratto della storia, una volta meravigliosa, di terre intrise di sacralità.Eppure quella missione "conduce a superare l`egoismo della sopravvivenza per conquistare la generosità", e i cieli di Beirut continuano ad affascinare nei loro tramonti, e dunque il posto giusto è proprio lì, dove l`uomo trova un senso al proprio esistere.Lei lo sa, è presto per spiegarlo ai bambini, è tempo invece di assumere gli stessi principi regolatori anche nella vita "normale", i doveri, il lavoro, i colleghi, il potere; ognuno conta le sue piccole trincee e guida i suoi elicotteri in soccorso della ragione.Forse Maria Gabriella de Judicibus ha scritto "Lettere dal Libano " pensando ai ragazzi. I segni di un`innocenza violata incombono sul diario, aggrediscono la nostra terzietà di spettatori, smontano le nostre già deboli convinzioni. Sono così uguali, Mirko e Mustafà: sanno leggere i sentimenti, ma non vogliono rinunciare ai sogni. Se Mirko fosse nato a Beirut, sarebbe come Mustafà.Voglia Iddio - il nostro, oppure Allah, qui non fa differenza - Mustafà sia ancora vivo, oggi, ventidue anni dopo quelle dal Libano.

Dettagli
DatiDescrizione
EAN9788726116526
AutoreDe Iudicibus Maria Gabriella
EditoreEDIZIONI DEL GRIFO
Data pubblicazione2006
CategoriaNarrativa
Pagine126
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