Bisogna essere nudi, spogliarsi delle quotidiane pressioni e leggere. Leggere o semplicemente posare lo sguardo sopra le lettere che compongono le poesie di Guido Sodero, per percerpirne l’anima, sentirla urlare e lasciarsi raccontare un’Alba, un Silenzio o per scoprire Dove si cerca un figlio e tanto, tanto altro ancora.
IO E MIO FIGLIO (tratto dalla prefazione)
Non scorderò mai quella telefonata. Mai! Neanche nella vita che verrà.
Era la notte del 24 marzo 2001, ero andato a letto da quasi un’ora. Dormivo già quando squillò il telefono, erano le due di notte, non era mai successo prima. Era terribile, non volevo sollevare la cornetta, quello squillo non lasciava scampo. Quello squillo già parlava e faceva male.
Il poliziotto del Pronto Soccorso cercava proprio me…diceva che Adalberto era grave. “Grave?
Ma che significa? Sarà grave adesso, tra un po’ sarà meno grave, poi meno ancora…quando sarò in ospedale lo troverò fuori pericolo”.
Questo era ciò che pensavo mentre il poliziotto mi parlava al telefono.