UGENTO E IL SUO ZEUS NELLA MESSAPIA. UN VIAGGIO FUORI ROTTA

Urro Mirko
Dello stesso autore
Editore/Produttore: BARBIERI
EAN: 9788875330682



pp.120, brossura 21x26, illustrato colori. Nuova edizione 2025

Note introduttive alla riedizione del volume di Mirko Urro


Non era uno storico delle religioni Mirko Urro, né un numismatico, neppure un archeologo, eppure le sue pagine (o meglio i suoi numerosi interrogativi e le sue tante risposte) sulla statua bronzea di Zeus, sulla monetazione e sull'antico nome di Ugento, si leggono volentieri, come un romanzo, anche a distanza di anni, pervase come sono di autentica passione per la propria terra, amore per i miti e per la cultura classica, autonomia di giudizio ed eloquio fluente ed espressivo.
Suggestivo resta ancora oggi il suo racconto - perché di questo si tratta- pubblicato dapprima sul giornale locale "Punti di vista" e poi compreso nel volumetto di cui si presenta la riedizione, di come, mettendo insieme miti e fonti letterarie, giunga a collegare la statua di Zeus, scoperta nel 1961, al santuario greco di Dodona, in Epiro, proponendo la filiazione da quest'ultimo di un oracolo ugentino, collocato « in un fitto bosco, su una collina interamente ricoperta di querce entro un recinto sacro di alcune centinaia di metri per lato, dalla forma alquanto irregolare che si estendeva dalla attuale Piazza dell'edificio scolastico elementare fin nei paraggi della chiesetta della Madonna della Luce» (p. 28, fig. 9). Coerente con questo suo convincimento identifica come foglie di quercia (e non già di alloro) quelle che compongono una delle corone più del dio. Allo stesso modo ritiene una colomba (e non già un'aquila) l'uccello retto nella mano sinistra: suggestionato, infatti, dal racconto di Erodoto sulla fondazione dell'oracolo di Dodona, dovuta, secondo la versione greca, ad un ordine espresso con voce umana da una colomba nera, proveniente dall'Egitto, e posatasi su una quercia, Urro identifica il peristérion ugentino (ovvero il luogo dove si allevavano le colombe sacre) in due grotte contigue, delle quali una con centinaia di cellette, situate a un centinaio di metri dal supposto recinto sacro (pp. 29-31, figg. 16-19).
Tratto caratteristico del nostro autore è la vis polemica. Contro la communis opinio, che attribuisce la statua di Zeus - permeata di tratti laconici e corinzi - ad un artista tarantino o peloponnesiaco, asserisce «La statua bronzea dello Zeus, o Zan, trovata in Ugento è stata creata da un artista locale, forgiata a Ugento, in un "atelier" ugentino»: di questo artista azzarda persino il nome, Hagesias, riconosciuto in uno dei passi più controversi di Plinio (p. 48). La sua conoscenza del greco antico lo porta a respingere il significato di "fulminatore" dato dai più all'appellativo di Zeus, kataibates, preferendogli quello più letterale "che scende giù " « per portare a compimento i fatali destini degli uomini» (p. 48-49). Per ragioni diverse traduce come "gloria sia a Zeus" e non già "ascolta o Zeus" l'invocazione "Klaohi Zis" e Klohi Zis" di alcune iscrizioni messapiche (pp. 51). Come Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, sostiene fieramente l'origine greca della sua città e di tutta la Messapia, in contrasto con i sostenitori di una progressiva, precoce, acculturazione greca (pp. 55-56): per questo non stupisce la sua attribuzione a un artista ugentino dei bronzi della tomba dell'Atleta, senza distinzioni regionali e interregionali tra prodotti greci, magnogreci, etruschi (pp. 74-77).
Gli scritti di Mirko Urro, oltre al background culturale, lasciano intravedere alcuni tratti distintivi della sua personalità come voler dire a tutti i costi la sua su argomenti richiedenti talora ben altre competenze specialistiche, la certezza di aver presentato delle "novità" e lo sconforto che ciò non gli venga riconosciuto, il desiderio di avviare un dibattito sulle sue argomentazioni, che non ha avuto seguito: un lungo viaggio il suo alla ricerca delle proprie radici, dove si intrecciano i ricordi, le inadeguatezze, le delusioni e le rivendicazioni dello studioso, ma soprattutto dell'uomo che ha posto Ugento e la sua storia al centro del proprio percorso esistenziale.


A distanza di quasi vent'anni dalla prima edizione e circa un decennio dalla morte dell'autore, grazie all'iniziativa dell'Associazione «ARTAS» di Ugento, e del suo Presidente Ing. Pasquale Molle, viene proposta la riedizione del libro di Mirko Urro con l'aggiunta in Appendice di riflessioni inedite, con il convincimento che serva a ricordare l'uomo e lo studioso appassionato della sua terra, ma soprattutto per stimolare la ripresa degli studi e delle indagini sulla storia e l'archeologia di Ugento, invito rivolto soprattutto ai giovani, come peraltro auspicava già nel 2005 lo stesso Mirko Urro: «Confido nei giovani lettori di queste pagine affinché impediscano la distruzione, sia pure accidentale, delle tracce del magnifico, esaltante nostro passato, ma le mettano in evidenza, organizzino scavi, ricerche, esplorazioni. Diano essi a questa Terra un futuro più degno del grandioso passato» (pp. 45).
Mi piace pertanto concludere con la citazione di un grande divulgatore scientifico, Piero Angela: «La ricerca è per definizione movimento: ciò che era vero ieri non lo è più oggi, e sarà ancora modificato domani».


Firenze, ottobre 2024
Lucia LEPORE  già Docente di Archeologia della Magna Grecia e Metodologie della ricerca archeologica nell’Università degli Studi di Firenze


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€ 20,00
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Disponibilità: 10 disponibile

pp.120, brossura 21x26, illustrato colori. Nuova edizione 2025

Note introduttive alla riedizione del volume di Mirko Urro


Non era uno storico delle religioni Mirko Urro, né un numismatico, neppure un archeologo, eppure le sue pagine (o meglio i suoi numerosi interrogativi e le sue tante risposte) sulla statua bronzea di Zeus, sulla monetazione e sull'antico nome di Ugento, si leggono volentieri, come un romanzo, anche a distanza di anni, pervase come sono di autentica passione per la propria terra, amore per i miti e per la cultura classica, autonomia di giudizio ed eloquio fluente ed espressivo.
Suggestivo resta ancora oggi il suo racconto - perché di questo si tratta- pubblicato dapprima sul giornale locale "Punti di vista" e poi compreso nel volumetto di cui si presenta la riedizione, di come, mettendo insieme miti e fonti letterarie, giunga a collegare la statua di Zeus, scoperta nel 1961, al santuario greco di Dodona, in Epiro, proponendo la filiazione da quest'ultimo di un oracolo ugentino, collocato « in un fitto bosco, su una collina interamente ricoperta di querce entro un recinto sacro di alcune centinaia di metri per lato, dalla forma alquanto irregolare che si estendeva dalla attuale Piazza dell'edificio scolastico elementare fin nei paraggi della chiesetta della Madonna della Luce» (p. 28, fig. 9). Coerente con questo suo convincimento identifica come foglie di quercia (e non già di alloro) quelle che compongono una delle corone più del dio. Allo stesso modo ritiene una colomba (e non già un'aquila) l'uccello retto nella mano sinistra: suggestionato, infatti, dal racconto di Erodoto sulla fondazione dell'oracolo di Dodona, dovuta, secondo la versione greca, ad un ordine espresso con voce umana da una colomba nera, proveniente dall'Egitto, e posatasi su una quercia, Urro identifica il peristérion ugentino (ovvero il luogo dove si allevavano le colombe sacre) in due grotte contigue, delle quali una con centinaia di cellette, situate a un centinaio di metri dal supposto recinto sacro (pp. 29-31, figg. 16-19).
Tratto caratteristico del nostro autore è la vis polemica. Contro la communis opinio, che attribuisce la statua di Zeus - permeata di tratti laconici e corinzi - ad un artista tarantino o peloponnesiaco, asserisce «La statua bronzea dello Zeus, o Zan, trovata in Ugento è stata creata da un artista locale, forgiata a Ugento, in un "atelier" ugentino»: di questo artista azzarda persino il nome, Hagesias, riconosciuto in uno dei passi più controversi di Plinio (p. 48). La sua conoscenza del greco antico lo porta a respingere il significato di "fulminatore" dato dai più all'appellativo di Zeus, kataibates, preferendogli quello più letterale "che scende giù " « per portare a compimento i fatali destini degli uomini» (p. 48-49). Per ragioni diverse traduce come "gloria sia a Zeus" e non già "ascolta o Zeus" l'invocazione "Klaohi Zis" e Klohi Zis" di alcune iscrizioni messapiche (pp. 51). Come Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, sostiene fieramente l'origine greca della sua città e di tutta la Messapia, in contrasto con i sostenitori di una progressiva, precoce, acculturazione greca (pp. 55-56): per questo non stupisce la sua attribuzione a un artista ugentino dei bronzi della tomba dell'Atleta, senza distinzioni regionali e interregionali tra prodotti greci, magnogreci, etruschi (pp. 74-77).
Gli scritti di Mirko Urro, oltre al background culturale, lasciano intravedere alcuni tratti distintivi della sua personalità come voler dire a tutti i costi la sua su argomenti richiedenti talora ben altre competenze specialistiche, la certezza di aver presentato delle "novità" e lo sconforto che ciò non gli venga riconosciuto, il desiderio di avviare un dibattito sulle sue argomentazioni, che non ha avuto seguito: un lungo viaggio il suo alla ricerca delle proprie radici, dove si intrecciano i ricordi, le inadeguatezze, le delusioni e le rivendicazioni dello studioso, ma soprattutto dell'uomo che ha posto Ugento e la sua storia al centro del proprio percorso esistenziale.


A distanza di quasi vent'anni dalla prima edizione e circa un decennio dalla morte dell'autore, grazie all'iniziativa dell'Associazione «ARTAS» di Ugento, e del suo Presidente Ing. Pasquale Molle, viene proposta la riedizione del libro di Mirko Urro con l'aggiunta in Appendice di riflessioni inedite, con il convincimento che serva a ricordare l'uomo e lo studioso appassionato della sua terra, ma soprattutto per stimolare la ripresa degli studi e delle indagini sulla storia e l'archeologia di Ugento, invito rivolto soprattutto ai giovani, come peraltro auspicava già nel 2005 lo stesso Mirko Urro: «Confido nei giovani lettori di queste pagine affinché impediscano la distruzione, sia pure accidentale, delle tracce del magnifico, esaltante nostro passato, ma le mettano in evidenza, organizzino scavi, ricerche, esplorazioni. Diano essi a questa Terra un futuro più degno del grandioso passato» (pp. 45).
Mi piace pertanto concludere con la citazione di un grande divulgatore scientifico, Piero Angela: «La ricerca è per definizione movimento: ciò che era vero ieri non lo è più oggi, e sarà ancora modificato domani».


Firenze, ottobre 2024
Lucia LEPORE  già Docente di Archeologia della Magna Grecia e Metodologie della ricerca archeologica nell’Università degli Studi di Firenze

Dettagli
DatiDescrizione
EAN9788875330682
AutoreUrro Mirko
EditoreBARBIERI
Data pubblicazione31/07/2025
Categoria*Comuni Salentini
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